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lunedì 15 ottobre 2018
Lettera a Mattarella
Gentile Presidente
Mi permetto di scriverLe perché Lei ha il compito di vigilare sul rispetto della Costituzione e perché avverto con preoccupazione lo svuotamento progressivo dei Nostri valori fondanti. Comprendo la Sua difficoltà nell’affrontare l’attuale momento e la gravosità del Suo ruolo dall’intensità crescente degli attacchi rivolti a Lei e alle Istituzioni da Lei garantite attraverso l’esercizio del Suo mandato. C’è un clima di barbarie crescente nel nostro Paese, che non può essere ignorato e al quale io e la mia generazione non eravamo mai stati abituati; un clima sostenuto da letture semplificate della realtà, da sistematiche dietrologie e da continue provocazioni da parte di chi ostenta, con sorprendente orgoglio ed evidente fame di legittimazione agli occhi del proprio leader, il superamento di ogni limite di solidarietà umana, calpestando i nobilissimi contenuti dell’articolo 3 della Nostra Costituzione, nel nome di una sovranità, di una italianità divisiva, nella quale stento sempre più a riconoscermi; un clima alimentato dall’arditezza lessicale, strumentale al fine di comunicare la certezza delle cause e i percorsi di soluzione più immediati. Gli immigrati, senza che siano risparmiati donne e bambini in questo odioso esercizio, e quanti non rientrano a pieno titolo in un mai chiarito "idealtipo" di italiano, vengono da più parti indicati come la causa efficace ed efficiente di ogni Nostro guasto, tanto nella società, quanto nell’economia, e ogni possibile evidenza giornalistica, anche la più risibile, viene a tale scopo esagerata e manipolata affinché ritorni utile agli obiettivi di seminare il risentimento con maggiore vigore e di diffondere l’implicita convinzione che i caratteri antropologici di un’intera categoria sociale siano irredimibili e dipendenti dai peculiari caratteri razziali. Analogamente, con pari enfasi di semplificazione, spregiudicatezza e assoluta mancanza di garbo e forma, alle Istituzioni non elettive e\o a quelle Sovranazionali, Enti con cui l’Italia non ha solo stipulato trattati e accordi, ma ai quali ha addirittura dato vita nella veste di Costituente, si assegnano le colpe del dissesto finanziario Pubblico e anche delle ultime gravissime tragedie, come se Accordi e Trattati non avessero più efficacia, ma fossero, invece, il retaggio di un’epoca in cui l’Italia era succube di non meglio specificati “poteri forti”, anche per l’insipienza colpevole e servile dei Nostri precedenti governanti.
In passato, questa trama non l’ho vissuta, ma dalla testimonianza dei miei genitori e dalla Storia ho già compreso il possibile epilogo. So già dove tutto questo potrà condurci e a quale salatissimo prezzo. Chi oggi crede che nell’asprezza dei toni dialettici e nella risolutezza dell’azione risiedano l’essenza del cambiamento e della rivoluzione, dimostra non soltanto incoscienza, ma anche autentica e profonda irresponsabilità. All’indomani della vergognosa parentesi fascista, affermatasi e consolidatasi grazie al più becero populismo e sulle solide fondamenta di un analfabetismo civico diffuso, con lungimiranza i Padri Costituenti introdussero la ripartizione equilibrata dei poteri tra le Istituzioni e lo strumento parlamentare bicamerale perfetto, per garantire la continuità e la libertà democratica in Italia. All’interno di questo schema, con pari saggezza e per evitare che si potesse ripresentare il pericolo di una nuova deriva populista, gli stessi Padri assegnarono ai partiti il compito di attuare il principio della rappresentanza popolare, per favorire e sviluppare la mediazione dialettica tra Popolo e Istituzioni: il Nostro Popolo è sovrano, ma l’esercizio concreto della sovranità è assicurato dalla mediazione dei partiti, i quali garantiscono la sintesi dei molti e, spesso, contrapposti interessi attraverso la dialettica parlamentare e sotto il controllo costante degli altri Organi Costituzionali.
Non credo nella democrazia diretta e non credo affatto nel cambiamento fondato sull’ascolto della “pancia” del Popolo e\o sul riscontro ossessivo dei sondaggi. La Politica è ascolto paziente di ogni legittima istanza, luogo di mediazione e sintesi, costruzione di una visione di benessere condiviso e sostenibile a favore di tutti, nel rispetto delle differenti chiavi di lettura e degli irrinunciabili principi di uguaglianza davanti alla Legge, nell’assenza di ogni forma di discriminazione, affinché sia rimosso ogni ostacolo alle condizioni che limitano la libertà di opinione e di affermazione dell’individuo. In questo esercizio la Politica conferisce al Popolo un senso autenticamente nobile ed è su questo principio che, dunque, con molta umiltà e profonda gratitudine, io mi permetto di chiederLe di vigilare e di intervenire perché si corregga in tempo la rotta.
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