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domenica 6 dicembre 2009

Omologazione, conformismo e libertà

L'omologazione è un processo sociale inevitabile, che coinvolge chiunque e al quale nessuno sfugge. E' un processo che aiuta gli individui a decodificare la realtà sociale in cui si muovono, semplificandola, e a ricondurla all'interno di schemi che ne permettono l'interpretazione rapida ed efficace, anche in chiave predittiva. E' il processo sociale grazie al quale una collettività concepisce e matura la propria identità, quella in cui i singoli individui che la compongono si riconoscono e si tramandano attraverso le generazioni. E' un processo che, a motivo della sua natura, può essere pericolosamente controllato e manipolato, da parte di chi può avere l'interesse a conformare e ad anestetizzare gli individui intorno a stili di vita e comportamenti acritici, di passiva accettazione dell'esistente.

Nasciamo meravigliosamente nudi e puri, privi di ogni consapevolezza di chi siamo e liberi di diventare tutto ciò che potremmo essere. Siamo un esaltante foglio bianco, da scarabocchiare con tutti i colori possibili, ma anche con uno solo: ogni cosa dipende da noi e noi possiamo davvero essere gli artefici del nostro destino. Armati dei nostri cinque sensi, peraltro ancora imperfetti, ci evolviamo in virtù degli stimoli che captiamo e delle suggestioni che ci provengono da coloro che si prendono cura di noi. Progressivamente, sviluppiamo una nostra capacità cognitiva e un'ansia di "perché" che ci rendono possibile estrapolare dal mondo la nostra originale visione di senso e l'emozione. Operiamo confronti continui e sempre più sofisticati, grazie ai quali diventiamo capaci di marcare il confine, rendendolo a noi evidente, tra noi e tutto ciò che è altro. Prendiamo coscienza di essere, attraverso un percorso straordinario, in cui, fin dall'inizio, possiamo soltanto intuirci e mai vederci. Elaboriamo la nostra coscienza e costruiamo l'ipotesi di noi stessi, arricchendola continuamente di nuovi dettagli, operando confronti e differenze tra ciò che immaginiamo del mondo e ciò che percepiamo. In quanto esseri relativi, che si pongono sempre in relazione a qualcosa o a qualcuno per comprendersi, apprendiamo per differenza e questo per confermare o meno l'idea che ci siamo fatti del mondo e di noi stessi.
Se un fenomeno si ripete in modo sistematico, lo metabolizziamo fino a renderlo prevedibile e, quindi, spiegabile, immaginabile anche quando il fenomeno non si manifesta ancora. Se un fenomeno si discosta in modo significativo dall'idea che ce ne eravamo fatti, abbiamo facoltà di rimettere in gioco il nostro sapere, per attribuire nuovo significato al significante. Non solo, siamo anche in grado di astrarre dai fenomeni immaginati e dagli "oggetti" interni alla nostra memoria, una nuova sapienza e nuovo senso, in un processo creativo che ci permette di viaggiare e di creare oltre i limiti immediati del sensibile. Possiamo, però, decidere di ignorare il divario cognitivo, per paura o per pigrizia, e barricarci nell’ignoranza, per difendere la nostra presunzione di certezza. Possiamo relegare i fenomeni dissonanti a qualcosa di inaccettabile, di inspiegabile, di misterioso, di cui essere magari superstiziosi o di cui avere timore. Faticosamente, comunque, giungiamo a coniare l'oggettività: una rappresentazione del mondo a tal punto stabile e ripetitiva, da non mettere mai in crisi la nostra coerenza cognitiva: la percezione che abbiamo delle cose e degli eventi, inequivocabilmente e senza eccezioni, conferma la nostra immaginazione, le nostre credenze.

E' da questa ricerca continua di corrispondenza, che deriviamo la struttura basilare per la costruzione delle nostre certezze, delle nostre verità. Nella nostra mente radichiamo un complesso sistema di mappe, con le quali possiamo muoverci, conoscere, riconoscere, distinguere, strutturare e destrutturare, in modo più o meno creativo, le nostre rappresentazioni del mondo. Tanto maggiore e tanto più libere saranno la nostre capacità di interagire e di interpretare il mondo, tanto più ricche e composite saranno le nostre mappe. Non soltanto: tanto più saremo consapevoli del processo relativo con cui siamo giunti al nostro momentaneo traguardo di sapienza, tanto più ci manterremo vigili per non cadere nella presunzione di essere giunti a mete di verità assolute.

Non siamo soli nel mondo. Interagiamo con altri individui che, come noi, affannosamente ricercano la loro verità, il senso e la consistenza del loro essere. Nei processi di scambio e di relazione con gli altri subiamo e produciamo interferenze continue, grazie alla condivisione di rappresentazioni simboliche ed emotive: la parola; lo sguardo; il tono della voce; la gestualità; l'esteriorità; il contesto, il momento e i modi con cui si realizzano lo scambio e la comunicazione. La coordinazione di questi fattori può generare l'intesa, la simpatia, l’autorevolezza, la stima, la fiducia, la com-passione, l'amore o determinare il loro esatto contrario. Può generare il mutuo riconoscimento dei traguardi cognitivi raggiunti, ma anche il loro reciproco e/o aprioristico rifiuto, la repulsione, il disprezzo e spingere sino all’aggressione dell’altro, pur di annullarne il pensiero. In funzione della nostra sensibilità e della nostra ansia di ricerca, abbiamo facoltà di aprire le nostre mappe agli altri, per arricchirle di nuovi elementi, elaborare e costruire un nuovo senso, una nuova oggettività, nuovi valori e verità nuove, oppure, per infarcirle di dubbi che liberino ulteriormente il nostro percorso di ricerca della conoscenza, verso orizzonti imprevedibili di nuova sapienza.

In questo percorso, che è di tipo sociale e, in quanto tale, estremamente complesso, poiché coinvolge una moltitudine di individui, ciascuno potrà assorbire e metabolizzare il punto di vista o l'esperienza dell’altro, ovvero rigettarli. Analogamente, ognuno potrà agire per diffondere la propria opinione, dimostrandone agli altri la coerenza formale e sostanziale. Tutto dipenderà dal modo in cui il singolo individuo parteciperà e si porrà nel processo di scambio della conoscenza e dalla trasparenza con cui questi opererà per dimostrare la validità dei dati e delle ipotesi che stanno alla base del suo esclusivo impianto cognitivo. Ma tutto dipenderà anche dal grado di autonomia e di "qualità" della conoscenza di cui dispongono gli individui e dal modo in cui il sistema sociale, entro il quale le relazioni si svolgono, assicura le libertà fondamentali di espressione, informazione, opinione e partecipazione.
Il confronto dialettico e la riduzione di ogni ed eventuale dissonanza cognitiva, anche a costo di manipolare e/o sopprimere le cause che la determinano, condurranno alla formazione di saperi stabilmente condivisi e omologanti, intorno ai quali si affermeranno identità collettive, forme di linguaggi e di aggregazione, valori e patrimoni di verità. Tanto maggiore sarà il consenso intorno a questo patrimonio, tanto più elevata la resistenza che il gruppo eserciterà di fronte ai tentativi di una sua revisione, anche soltanto parziale. Non soltanto nei sistemi apertamente autoritari, ma anche in quelli dichiaratamente democratici, i traguardi cognitivi raggiunti si cristallizzeranno intorno a presunzioni di verità assolute, pertanto indiscutibili, infallibili, e per difenderle, la ristretta elite di governo del gruppo opererà per dichiararne al più presto il carattere dogmatico. L’indottrinamento di massa, il controllo rigido dell’informazione, la censura, la limitazione della libertà individuale, in ogni sua forma, saranno le leve di un’azione estrema, a cui l’elite dominante potrà fare ricorso, per: affermare il principio del conformismo ideologico; limitare la capacità critica degli individui; contenere le naturali inclinazioni dell’individuo alla ricerca autonoma e al relativismo, bollati come un male; rendere tutti obbedienti agli schemi rigidi di una verità preconfezionata; garantire a se stesso il confort e i privilegi della propria rendita di posizione.

Dobbiamo, quindi, acquistare la piena consapevolezza di queste dinamiche, perché solo in questo modo saremo capaci di vigilare su noi stessi, sugli altri e limitare i possibili effetti negativi dell’omologazione e del conformismo. In quanto individui, animati da una potenziale ed inesauribile sete di conoscenza, dobbiamo agire perché all’interno dei gruppi sociali di nostro riferimento, si consolidi il valore cardine della libertà di critica e di opinione e il principio fondamentale della tolleranza e dell’ascolto di ogni punto di vista, soprattutto di quello avverso all’opinione dominante. Dobbiamo lottare affinché il processo di elaborazione della verità non sia mai preclusivo, aprioristicamente, delle possibili eccezioni ad essa, ma sia invece un percorso aperto e sempre attento al relativismo e alla falsificabilità di ogni nostra opinione. Dobbiamo impegnarci affinché chiunque possa avere accesso all’informazione e possa esprimere il consenso, come anche il proprio autonomo dissenso.

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